Contabilità semplificata: dal 2017 tre opzioni per le imprese minori

Dal 2017 ci sono importanti novità per il regime di contabilità “semplificata” che coinvolge le imprese individuali e società di persone con ricavi inferiori ad € 400.00, se forniscono servizi, oppure € 700.00 se trattano la cessione di beni. Le imprese che rientrano in questi predetti requisiti vengono definite imprese “minori”.

La legge di Bilancio 2017 prevede che per queste imprese minori il regime naturale è il criterio di cassa che prevede di considerare costi nell’esercizio solamente quelli effettivamente pagati e ricavi quelli che risulteranno incassati, indipendentemente dalla competenza del costo o del ricavo. Rimangono ferme invece le regole di determinazione ed imputazione temporale dei componenti positivi e negativi come le plusvalenze, minusvalenze, ammortamenti ed accantonamenti.

L’art. 1 comma 17 della legge di bilancio 2017 che disciplina questa modifica, tende ad ottenere un duplice scopo: 1) semplificare la determinazione del reddito d’impresa di aziende di piccole dimensioni, e 2) avvicinare il più possibile il reddito imponibile all’effettivo incasso rilevato nell’esercizio, evitando il problema – spesso frequente – di dover andare a sostenere imposte su redditi ancora non incassati.

Con questa modifica è stato anche riscritto l’art 18 del Dpr 600/73 al fine di aggiornare gli obblighi contabili delle imprese minori per renderli compatibili con la nuova normativa di determinazione del reddito per cassa. In particolare si dispone che questi soggetti devono annotare analiticamente e cronologicamente in apposito registro i ricavi percepiti e incassati, i costi sostenuti e pagati, con apposita annotazione dei componenti positivi e negativi non iscritti in questi registri. Vanno annotati cronologicamente i ricavi percepiti annotando:

  • il relativo importo;
  • le generalità, l’indirizzo e il comune di residenza del soggetto che effettua il pagamento;
  • gli estremi della fattura o di altro documento emesso;

Devono inoltre essere annotate cronologicamente in diverso registro e con riferimento alla data di pagamento, le spese sostenute nell’esercizio. E’ inoltre previsto che i registri tenuti ai fini IVA possono sostituire il predetto registro cronologico degli incassi e pagamenti, qualora vi siano iscritte separate annotazioni delle operazioni non soggette a registrazione IVA e qualora si riporti l’importo complessivo delle operazioni che non hanno generato incassi e pagamenti con indicazione delle fatture cui le operazioni stesse si riferiscono.

Articolo 18 del Dpr 600/1973
Opzione numero 1 Tenere registro incassi e pagamenti e contemporaneamente i registri Iva
Opzione numero 2 Tenere solo Registri Iva integrati con le annotazioni richieste ai fini del nuovo regime di cassa applicabile per le imposte sui redditi
Opzione numero 3 Tenere i registri Iva senza effettuare le annotazioni degli incassi e pagamenti, presumendosi in tale caso che l’operazione monetaria sia avvenuta al momento della registrazione dei documenti stessi.

Per quest’ultima soluzione è necessaria una specifica opzione, vincolante per almeno un triennio, poiché viene concessa una deroga la principio generale di determinazione del reddito

 

Alternativamente sarà possibile esercitare le opzioni per il criterio di registrazione, oppure il criterio di competenza a seguito dell’opzione per il regime di contabilità ordinaria.

Il criterio di registrazione introduce la possibilità di optare, per almeno un triennio, per la tenuta dei soli registri Iva, senza annotazione degli incassi e pagamenti, presumendosi in tale caso che l’operazione monetaria sia avvenuta al momento della registrazione dei documenti stessi.

Tale disposizione viene introdotta con finalità di semplificazione degli adempimenti (comma 5) e prevede testualmente che: «Previa opzione, vincolante per almeno un triennio, i contribuenti possono tenere i registri ai fini dell’imposta sul valore aggiunto senza operare annotazioni relative a incassi e pagamenti, fermo restando l’obbligo della separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione ai fini della suddetta imposta. In tal caso, per finalità di semplificazione si presume che la data di registrazione dei documenti coincida con quella in cui è intervenuto il relativo incasso o pagamento».

Tale principio, se da un lato risponde a criteri di semplificazione, dall’altro rischia di creare troppo arbitrio nella gestione della contabilità. La norma fa, infatti, riferimento alla registrazione ai fini Iva, per cui:

  • le fatture emesse possono essere registrate ai fini Iva entro 15 giorni (pur dovendo concorrere alla liquidazione dell’imposta secondo la regola dell’esigibilità);
  • le fatture di acquisto non hanno alcun termine per la registrazione, ma la registrazione costituisce esclusivamente un onere per poter esercitare il diritto alla detrazione.

Pertanto, stando al tenore letterale della norma, potrebbe ben accadere che diventi possibile:

  • rinviare all’anno successivo l’imposizione diretta su tutte le fatture emesse dal 16 dicembre al 31 dicembre dell’anno “n”, che se registrate ai fini iva con data 1 gennaio “n+1”, concorreranno alla determinazione dell’imposta sul valore aggiunto del mese di dicembre, ma parteciperanno alla determinazione del reddito nell’esercizio successivo (ancorché effettivamente incassate a dicembre!);
  • annotare e, conseguentemente, dedurre nell’esercizio “più conveniente”, le fatture di acquisto, prescindendo dal concreto momento del pagamento.

La criticità delle rimanenze

Alle possibili complicazioni che le novità relative alle imprese minori possono portare, si aggiunge il grande “problema” che è costituito dalla deduzione integrale delle rimanenze finali nel primo anno in cui si applica il criterio di cassa o il criterio delle registrazioni, cioè il cosiddetto criterio misto, di cassa e competenza. Il “passaggio” dal criterio di competenza applicabile fino ai redditi dell’anno 2016, a quello di cassa, prevede perciò la rilevanza, come componente negativo, dell’importo delle rimanenze finali che, nella stragrande maggioranza delle imprese commerciali, determinerebbe una chiusura in perdita per l’anno 2017, che, per legge, non potrà essere riportata. La perdita, scaturente dalla deduzione integrale delle rimanenze di importo rilevante, non potendola riportare negli anni successivi, può comportare gravi conseguenze alle imprese.

Gli effetti che ne derivano potrebbero comportare:

– un rilevante risultato negativo nel primo anno di “passaggio” dal criterio di competenza a quello misto, di cassa e competenza;

– rilevanti redditi d’impresa negli anni successivi.

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