Congedo di paternità – tutele e obblighi

ll congedo di paternità e le tutele al padre lavoratore alla luce delle nuova disposizioni.

Le tematiche connesse agli equilibri familiari e lavorativi stanno, finalmente, assumendo quella centralità di dibattito ed evoluzione normativa che loro compete.
Più in generale, stiamo assistendo ad una metamorfosi dei paradigmi del diritto del lavoro, passati dalla locatio operarum (come mera equazione del rapporto tra tempo lavorato – tempo remunerato) a sistemi che, giocoforza, portano a dei ripensamenti sostanziali, con la creazione  di un duplice binario lavorativo.
L’art 27 bis del D.Lgs 151/2001 dispone in favore del padre lavoratore, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, un’astensione dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa.

Sul congedo di paternità vanno ricordate alcune particolarità. Nonostante molti lo definiscano “congedo obbligatorio” occorre specificare la portata di tale obbligatorietà. Esaminando la disposizione, si osserva che l’obbligatorietà dell’astensione è sancita esclusivamente nella rubrica della stessa. Mai come in questa circostanza, vale il principio “rubrica legis non est lex”.

Volendo fare un parallelo con la legislazione emanata a tutela della maternità (Dlgs 151/2001), si evince, infatti, che la formulazione della norma appare diversa. Per le lavoratrici è il datore di lavoro a essere precettato, visto che l’articolo 16 gli impone il divieto di adibire al lavoro le donne nei periodi che precedono e seguono la nascita del bambino, con le varie articolazioni che nel tempo sono state introdotte. Diversamente, l’articolo 27-bis afferma che il padre si astiene dal lavoro, per 10 giorni lavorativi, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi.
Potrebbe verificarsi che il lavoratore non attivi il congedo. In tale circostanza, nessuna responsabilità può ricadere sull’azienda. Conseguentemente,  l’obbligatorietà indicata nella rubrica dell’articolo 27-bis è da intendersi riferita all’impossibilità, per il datore di lavoro, di negare il congedo a seguito della richiesta del dipendente.
Strettamente connesse alla fruizione del congedo, si collocano le tutele che
– mutuate dalla legislazione prevista a favore delle lavoratrici madri – si estendono ai lavoratori, ma solo ed esclusivamente se è stato fruito il congedo, e non incondizionatamente. Opera il divieto di licenziamento che, decorrendo dall’inizio del congedo (anche alternativo), si applica sino al compimento di un anno di età del bambino. Il lavoratore, inoltre, non è tenuto a rispettare il preavviso, anzi ha diritto all’indennità sostitutiva; può accedere alla Naspi (ricorrendone i requisiti) e il datore deve versare il ticket licenziamento. Anche queste ultime condizioni operano sino al compimento di un anno di età del bambino e, in ogni caso, solo se è stato attivato il congedo.
Si ricorda, infine, che in caso di dimissioni del lavoratore, intervenute sino al compimento di 3 anni di età del bambino, serve la convalida delle stesse effettuata presso l’Ispettorato nazionale del lavoro.

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