Novità fiscali e amministrative sugli immobili dal 2024

In questo articolo vengono brevemente riassunte le principali novità relative agli aspetti fiscali e amministrativi che riguardano gli immobili, dalla variazione della cedolare secca per gli affitti brevi all’aggiornamento dei valori catastali.

I temi trattati:

Cedolare secca al 26% per locazioni brevi

Passa dal 21% al 26% la tassazione con il metodo della “cedolare secca” solo ed esclusivamente sugli immobili oggetto di locazione breve.

La cedolare secca è un regime di tassazione opzionale, che il locatore può scegliere in alternativa al regime ordinario.

Per locazione breve si intendono i contratti di locazione che hanno una durata inferiore a 30 giorni.

Dal 2024, l’aliquota della cedolare secca su affitti brevi passa dal 21% al 26% ma solo dal secondo immobile concesso in locazione. Chi ha solamente un immobile e intende affittarlo con locazioni breve continuerà a godere della tassazione al 21%.

ATTENZIONE: per mantenere la tassazione del 21% sul primo immobile è necessario spuntare apposita opzione sul modello di dichiarazione dei redditi. In assenza di opzione, tutti gli immobili oggetto di locazione breve saranno tassati al 26%, incluso il primo.

Il caso Airbnb

Airbnb ha concluso un accordo con l’Agenzia delle Entrate italiana relativo agli anni fiscali dal 2017 al 2021. L’accordo, finalizzato a risolvere una disputa fiscale, prevede un pagamento complessivo di 576 milioni di euro da parte di Airbnb. Questa somma è stata determinata dopo un accertamento fiscale e include circa 353 milioni per ritenute non versate, 174 milioni a titolo di sanzioni amministrative per violazioni commesse e 49 milioni di interessi.

La controversia era sorta a causa della legge italiana sulla cedolare secca, che impone ai fornitori di affitti brevi di trattenere il 21% dei redditi da locazione e versarlo alle autorità fiscali. Airbnb aveva contestato questa legge, sostenendo che violasse il principio della libertà di fornire servizi nell’UE, ma la Corte di Giustizia europea ha respinto questa tesi, richiedendo a Airbnb di conformarsi alla normativa italiana.

Nonostante il significativo pagamento, Airbnb non intende recuperare la somma dagli host e sta lavorando per introdurre meccanismi che permettano agli host di trattenere e versare autonomamente le tasse dovute all’Agenzia delle Entrate. La piattaforma si sta inoltre adeguando alla normativa europea DAC7, che riguarda la trasmissione dei dati fiscali da parte delle piattaforme digitali.

Questa risoluzione della disputa fiscale non solo chiude il capitolo delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano per il periodo 2017-2021, ma segna anche un passo importante per Airbnb nell’adeguarsi alle normative fiscali e nella collaborazione con le autorità italiane per quanto riguarda le tasse, le locazioni brevi e il turismo sostenibile.

Le conseguenze per i clienti della piattaforma sono legate principalmente all’introduzione di meccanismi che facilitano il pagamento delle tasse da parte degli host, il che potrebbe influenzare i prezzi degli alloggi offerti sulla piattaforma, specialmente in considerazione dell’intenzione del governo italiano di aumentare l’aliquota fiscale sugli affitti brevi al 26%​

ATTENZIONE: come parte dell’accordo è emerso che l’Agenzia delle Entrate non chiederà agli Host di Airbnb le tasse sugli affitti per gli anni 2017-2021 anche se non dichiarati, in quanto sarà la piattaforma a versare le imposte. L’anno 2022 che si è chiuso con la presentazione della dichiarazione dei redditi a novembre 2023 tuttavia potrà essere oggetto di accertamento in caso non fossero stati dichiarati gli affitti percepiti. E’ ancora possibile presentare entro febbraio 2024 una dichiarazione dei redditi integrativa, o tardiva ma non omessa al fine di regolarizzare la propria posizione limitando le sanzioni da pagare.

Codice Identificativo Nazionale (CIN) per gli affitti brevi

La finanziaria 2024 ha previsto per le unità immobiliari a uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche, per quelle destinate alle locazioni brevi ex art. 4 D.L. 24 aprile 2017 n. 50 nonché per le strutture turistico-ricettive alberghiere ed extralberghiere, come individuate dalle norme regionali sul turismo, l’obbligo di attribuzione di un codice identificativo nazionale (CIN).

CIN: Il Codice Identificativo Nazionale è un codice assegnato dal Ministero del Turismo a chi offre locazioni turistiche o brevi. Serve a regolamentare e controllare il settore degli affitti brevi.

Come ottenere il CIN: Il locatore deve presentare una dichiarazione sostitutiva con i dati catastali dell’immobile tramite una procedura automatizzata. Il CIN deve essere esposto all’esterno dell’immobile e indicato in ogni annuncio, contratto, corrispondenza e fattura.

Requisiti di sicurezza: Gli immobili devono essere dotati di dispositivi per la rilevazione di gas e monossido di carbonio e di estintori portatili. Chi esercita l’attività in forma imprenditoriale deve presentare la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).

Sanzioni: Chi non rispetta gli obblighi relativi al CIN e alla sicurezza degli immobili è soggetto a sanzioni pecuniarie che variano da 500 a 10.000 euro

Plusvalenze per cessioni immobili superbonus

La Legge di Bilancio 2024 in Italia ha introdotto importanti novità in termini di tassazione degli immobili oggetto di interventi con il Superbonus. Da gennaio 2024, le plusvalenze realizzate dalla cessione a titolo oneroso di questi immobili saranno soggette a un’imposta sostituiva del 26% sul reddito. Questo vale per gli immobili sui quali sono stati eseguiti interventi agevolati dal Superbonus, a condizione che la cessione avvenga entro dieci anni dalla conclusione degli interventi.

In dettaglio, la normativa modifica l’articolo 67, comma 1, del Testo Unico sulle Imposte sui Redditi (TUIR), includendo le plusvalenze realizzate con la cessione di immobili ristrutturati con il Superbonus. Queste plusvalenze sono determinate dalla differenza tra il corrispettivo percepito e il prezzo d’acquisto o il costo di costruzione del bene, aumentato di eventuali altri costi.

La nuova norma mira a prevenire che chi vende immobili riqualificati a scopo speculativo possa beneficiare doppiamente, avendo migliorato significativamente il valore dell’immobile senza sostenere direttamente le spese. Questo significa che per gli immobili venduti entro cinque anni dai lavori di riqualificazione, i costi legati ai lavori agevolati dal Superbonus non saranno deducibili se sono stati fruiti come sconto in fattura o cessione del credito.

Queste disposizioni si applicano a tutte le cessioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2024.

ATTENZIONE: il calcolo della plusvalenza segue sempre l’immobile, e non il beneficiario del superbonus! Infatti, il proprietario dell’immobile potrebbe essere un soggetto diverso da quello che ha usufruito del bonus (esempio di coniugi, inquilini, conviventi e famigliari, ecc). In questo caso la plusvalenza sarà sempre in capo al proprietario che cede l’immobile, anche se non è stato il soggetto che ha beneficiato del superbonus.

Ritenuta 11% bonifici parlanti

A partire dal 1° marzo 2024 la ritenuta che gli istituti di credito opereranno sui bonifici parlanti passerà dall’8% all’11%.

La ritenuta sui bonifici parlanti è una misura introdotta nel 2017 per contrastare l’evasione fiscale nel settore edile. Si tratta di una percentuale che la banca trattiene dal pagamento che il committente effettua al fornitore dei lavori, e che versa direttamente all’Erario. In questo modo, il fornitore dichiara automaticamente il reddito conseguito, e il committente ha la prova documentale del pagamento per accedere ai bonus fiscali.

L’aumento della ritenuta dall’8% all’11% a partire dal 2024 si inserisce in un’ottica di maggior rigore nei confronti del settore edile. L’obiettivo è di garantire maggiore tracciabilità delle operazioni e di incentivare la regolarità dei rapporti tra committenti e fornitori. L’aumento della ritenuta non ha alcuna incidenza sulle detrazioni fiscali spettanti ai committenti, che potranno continuare a fruire dei bonus edilizi previsti dalla normativa vigente. Tuttavia, potrebbe avere un impatto negativo sulla liquidità delle imprese edili, che riceveranno un importo inferiore rispetto a quello fatturato.

Maggiorazione IVIE

L’IVIE, ovvero l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero, è una tassa che i residenti fiscali in Italia devono pagare sui beni immobili che possiedono fuori dal territorio italiano. L’aliquota base dell’IVIE è dello 0,76% sul valore catastale dell’immobile o sul costo di acquisto, se maggiore. Tuttavia, a partire dal 2024, l’aliquota dell’IVIE subirà un incremento progressivo, fino a raggiungere il 2% nel 2028.

Nel 2024, l’IVIE sarà pari all’1,06% del valore dell’immobile e dovrà essere versata dai residenti fiscali in Italia che possiedono, a qualsiasi titolo, immobili situati all’estero, ad eccezione di quelli esenti per convenzioni internazionali o per norme interne.

Si tratta di una misura volta a rendere più equo il trattamento fiscale tra gli immobili situati in Italia e quelli situati all’estero, eliminando le eventuali distorsioni o disparità.

Accertamenti variazioni catastali

La Legge di Bilancio 2024 prevede che l’Agenzia delle Entrate verifichi se i beneficiari del Superbonus 110% hanno adeguato la rendita catastale degli immobili ristrutturati con gli interventi agevolati.

Variazione catastale: è obbligatoria quando i lavori comportano un aumento del valore dell’immobile, ad esempio per l’innalzamento della classe energetica o il consolidamento sismico. La dichiarazione va presentata entro 30 giorni dal termine dei lavori.

Sanzioni: per ora non sono previste sanzioni per chi non ha effettuato la variazione catastale, ma solo una comunicazione di compliance da parte del Fisco. In caso di mancato adeguamento, potrebbero scattare multe o maggiori imposte.

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